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Cold Case Christianity

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La Prova Teleologica dell’Esistenza di Dio

Evidence for God from Design (The Teleological Argument)

Un fondamento sicuro
Ci sono tanti modi in cui gli studiosi e i teologi hanno difeso l’esistenza di Dio, ma quando esaminiamo il mondo circostante, forse la prova più convincente viene dalla complessità dell’universo. L’argomentazione che stiamo per studiare è in grado di porre un fondamento sicuro per la nostra fede. Dovrebbe ricordarci ancora una volta che la fede in Dio non si basa sulle emozioni o su un impegno cieco, ma su solidi basi della ragione e dell’evidenza. Quando amiamo Dio con tutta la nostra mente, l’onoriamo e l’adoriamo. La nostra fede non è una speranza vuota. È una realtà certa e sicura da cui scaturisce la speranza. Quando abbiamo considerato la prova cosmologica, abbiamo accennato ad alcune difese deboli e ridicole dell’esistenza di Dio che a volte si offrono. Una di queste difese derivava dall’evidenza naturale: Ci sono tanti modi in cui gli studiosi e i teologi hanno difeso l’esistenza di Dio, ma quando esaminiamo il mondo circostante, forse la prova più convincente viene dalla complessità dell’universo. Click To Tweet

La prova dell’albero bello
1. Guarda quell’albero. È bello, no?
2. Quindi, Dio esiste.

Sulla superficie, questa sembra una prova davvero stupida. Ma quando l’esaminiamo più attentamente, scopriamo un nocciolo di verità. Quando guardiamo l’universo con tutta la sua gloria e bellezza, quando pensiamo all’ordine e alla struttura che esistono nelle galassie, non possiamo fare altro che stupirci e meravigliarci. Le leggi della fisica, l’incredibile complessità e l’enormità della distanza nell’universo dovrebbero lasciarci impressionati e farci considerare la possibilità che un Dio grande e potente sia la spiegazione migliore di tutto ciò. Poi, quando rivolgiamo lo sguardo verso noi stessi e esaminiamo la complessità incredibile dell’essere umano, dobbiamo essere onesti e riconoscere che c’è più di solo una piccola possibilità che un Dio veramente creativo e potente è all’opera nell’universo.

La prova teleologica
Dall’osservazione dell’universo e della vita biologica che esiste sulla terra deriva una prova molto forte che si basa sull’evidente disegno di tutto ciò. Questa prova si chiama la prova “teleologica.” La parola greca telos vuol dire “disegno” o “scopo.” L’argomentazione fu sviluppata da William Paley (1743-1805), che notò come la complessità e la struttura precisa di un orologio esige l’esistenza dell’orologiaio. Quindi, se si osserva questa realtà anche nell’universo, cioè la complessità e il preciso funzionamento dei sistemi, dei meccanismi e delle leggi dell’universo, risulta necessaria l’esistenza di un “orologiaio” del cosmo. Se se possiamo trovare il disegno intelligente, significa che esiste il disegnatore intelligente. Infatti, questo disegno, questa complessità e questo preciso funzionamento si trovano ovunque nell’universo. Perciò la presenza di queste realtà richiede una spiegazione sufficiente.

Una forma della prova teleologica è la seguente:

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I manufatti umani sono i prodotti del disegno intelligente.
L’universo manifesta le stesse caratteristiche del disegno dei manufatti umani.
Quindi, l’universo è il prodotto del disegno intelligente.
Ma l’universo è molto più grande e complesso di qualsiasi manufatto umano.
Quindi, ci dev’essere un disegnatore intelligente altrettanto più grande e potente che ha creato l’universo.
L’unico essere che è sufficientemente grande, potente e intelligente da poter creare tutto l’universo è Dio.

È possibile abbreviare e semplificare quest’argomentazione in diversi modi. Un’altra possibilità è questa:

L’universo manifesta le caratteristiche del disegno intelligente.
Quindi, c’è un disegnatore che l’ha creato.
Il disegnatore è Dio.

Se la prima premessa è vera, la conclusione ne consegue logicamente. Se l’universo dimostra le qualità del disegno intelligente, ci dev’essere un disegnatore intelligente. Detto semplicemente, quest’essere onnipotente non può essere altro che Dio. Quindi, se si può stabilire la verità della prima premessa, si dimostra la verità della conclusione e si può avere la certezza riguardo all’esistenza di Dio. Perciò, adesso la nostra responsabilità è quella di chiedere se, infatti, l’universo e il mondo hanno i segni del disegno intelligente. In genere, si propongono solo due ipotesi per spiegare il disegno dell’universo. O tutto quello che si vede si è evoluto da solo, oppure esiste un disegnatore, Dio, che l’ha creato. O tutto viene da processi semplici, casuali e incidentali dell’evoluzione, o viene da processi complessi, specifici e intelligenti di un potente e intelligente disegnatore del cosmo. Quale di queste opzioni è quella vera?

Semplice o complesso?
Cominciamo a esaminare l’evidenza per capire qual è la spiegazione migliore dell’universo. È veramente l’universo casuale e incidentale dell’evoluzione, o quello complesso, specifico e intelligente di un disegnatore? Charles Darwin (1809-1882) cambiò il mondo nel 1859 quando scrisse il suo famoso libro: Sull’origine delle specie per mezzo della selezione naturale o la preservazione delle razze favorite nella lotta per la vita. Egli propose che le variazioni accadono in modo casuale in una specie, e la capacità di sopravvivere dipende dalla capacità della specie di adeguarsi all’ambiente. In effetti, Darwin credeva che questo processo della selezione naturale (piccoli cambiamenti dovuti alle necessità imposte dall’ambiente durante lunghi periodi di tempo) fosse in grado di spiegare la lenta evoluzione di tutti gli essere biologici nel mondo, dalle cellule più semplici fino agli organismi più complessi che oggi si vedono.

Quest’idea si basava su un certo presupposto. Darwin presupponeva che la cellula semplice esistesse. Guardava attraverso il microscopio primitivo d’allora che osservava questo piccolo organismo poteva evolversi da un raggruppamento di amminoacidi!

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Il grande presupposto
Darwin partì da un grande presupposto, e tutto quello che propose dopo dipendeva dall’idea che una tale entità così semplice e poco complicata potesse veramente esistere. Darwin sosteneva l’idea che le cose più piccole fossero le cose più semplici. Dava per scontato che questa semplicità mentre sviluppava le sue teorie della selezione naturale che dopo sarebbero diventate le basi della visione evolutiva del mondo d’oggi. Darwin credeva che fosse esistito un brodo primordiale in cui si trovavano tutti gli ingredienti necessari alla vita. Questo brodo fu stimolato in modo da far avvenire dei piccoli cambiamenti negli elementi basilari della materia e questi cambiamenti portarono a una complessità sempre più elevata. Dopo molto tempo, il risultato di questo processo fu la nascita di organismi composti di una singola cellula semplice che poi diventarono la vita che si vede oggi.

Ma negli anni dopo Darwin, la nostra capacità di guardare la cellula da più vicino è aumentata notevolmente. Ora sappiamo che non esiste la cellula semplice di Darwin. In realtà, quando esaminiamo le cellule, scopriamo che esse sono altamente complesse, e il loro “mondo” è molto piccolo. I microscopi moderni rivelano che un singolo ditale pieno di liquido coltivato può contenere oltre quattro miliardi di batteri composti di una singola cellula. Ciascuno di questi batteri è come una piccola macchina, stracolmo di informazioni e di una complessità che Darwin non avrebbe potuto mai immaginare. Adesso sappiamo che la cellula più semplice consiste di amminoacidi (gli elementi basilari della vita) che poi vengono assemblati in proteine. Queste proteine poi funzionano come la base di tutta la materia nella cellula. Tutto inizia con la formazione di questi acidi e di queste proteine. Se si trattasse di un semplice processo di trasformazione e costruzione, Darwin potrebbe avere ragione. Ma se non è così semplice, la teoria di Darwin fallisce.

Gli amminoacidi e le protein
Darwin dev’essere in grado di spiegare come gli amminoacidi che galleggiavano nel brodo primordiale potevano assemblarsi per formare le proteine necessarie per costruire una cellula. Queste proteine consistono in un montaggio complesso di amminoacidi, messi insieme in modo molto specifico e in un ordine molto preciso, come un puzzle. Ogni proteina si forma in maniera diversa. Mentre ci sono migliaia di proteine che si trovano nella natura, tutte quante si compongono solo di venti amminoacidi. Ogni proteina è un montaggio unico di alcuni o di tutti i amminoacidi, uniti in un modo preciso per creare la forma specifica di quella proteina particolare. Adesso, sappiamo che gli amminoacidi devono essere messi insieme non in modo casuale ma intelligentemente, proprio come le lettere dell’alfabeto per formare una frase comprensibile. Ci sono almeno 30.000 diversi tipi di proteine che sono costruiti dagli stessi venti amminoacidi, proprio come si possono fare migliaia di parole diverse con solo le ventuno lettere dell’alfabeto italiano. Se metto insieme delle lettere a caso usando la mia tastiera, ciò che risulta è incomprensibile: asdnvsd oicjfvarjgkanf còlvaso difjao wrnòka vsdk àasò dfkùaskdfl aknsd ifjo. Mentre invece, quando si leggono le parole e le frasi di quest’articolo, è evidente che sono state scritte da qualcuno, cioè da uno scrittore intelligente. Ovunque troviamo frasi scritte in maniera comprensibile, sappiamo che sono state formate da una mente intelligente. Nello stesso modo, gli amminoacidi corrispondono alle diverse lettere dell’alfabeto. Per formare proteine che funzionano e che sono in grado di costruire le cellule, gli amminoacidi devono essere “scritti” in “parole” e in “frasi” comprensibili. Altrimenti, le proteine non funzionerebbero! Ma se quando leggiamo una frase comprensibile e intelligente, la nostra conclusione ovvia e inevitabile è che qualcuno l’ha scritta, com’è possibile non arrivare alla conclusione che un disegnatore intelligente ha “scritto” le informazioni contenute dalle proteine quando esse dimostrano lo stesso livello di disegno intelligente? Infatti, la quantità d’informazioni nel DNA di una sola cellula è uguale alle informazioni che si trovano in mille enciclopedie! Pensaci! Penseresti mai che le frasi e le informazioni scritte in mille enciclopedie si siano scritte da sole, o che siano il risultato di processi casuali? Sarebbe una follia. Sarebbe possibile solo se si chiudessero gli occhi all’evidenza.

Antony Flew, il famoso filosofo ateo che poi si convertì al teismo, racconta nel suo libro intitolato Dio Esiste come rispose a qualcuno che gli aveva chiesto se le scoperte scientifiche più recenti riguardo all’origine della vita sostenesse l’ipotesi del disegnatore intelligente:

“Sì, ora credo che lo faccia […] quasi totalmente a causa delle ricerche sul DNA. Credo che il materiale del DNA abbia dimostrato, con la complessità quasi incredibile delle disposizioni di cui si necessita per generare vita, che l’Intelligenza debba essere stata coinvolta nel far sì che questi elementi straordinariamente diversi operassero insieme. È l’enorme complessità del numero di elementi e l’enorme finezza dei modi in cui lavorano insieme. L’incontro di queste due parti nel momento giusto, per caso, è semplicemente scrupoloso. È tutta una questione sull’enorme complessità con cui furono raggiunti i risultati, ciò che mi sembrò opera dell’Intelligenza.” (p. 89)

A questo punto, qualcuno potrebbe tirar fuori l’esempio delle scimmie, secondo il quale esiste la possibilità che un gruppo di scimmie, messo davanti alle tastiere di alcuni computer, e dato abbastanza tempo, possa scrivere un sonetto shakespeariano. Secondo quest’esempio, se si permettesse un periodo abbastanza lungo, prima o poi queste scimmie scriverebbero un’opera di Shakespeare. Nello stesso modo, dato un periodo abbastanza lungo, gli amminoacidi prima o poi erano destinati a formare delle proteine “comprensibili,” capaci di funzionare e di costruire cellule vive. Di nuovo, facciamo riferimento al libro di Antony Flew, in cui racconta come lo scienziato Gerry Schroedere fece un esperimento del genere:

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“Fu piazzato un computer all’interno di una gabbia con sei scimmie. Dopo un mese di accanimento su di esso (utilizzato anche come bagno!), le scimmie produssero cinquanta pagine battute – ma non una sola parola. Schroeder notò che vale anche se la parola più breve composta da una lettera, considerandola parola solo se preceduta e seguita da uno spazio. Ponendo che la tastiera è composta da trenta caratteri (le ventisei lettere più altri simboli), allora la probabilità di ottenere una parola di una lettera è 30 per 30 per 30, che fa 27.000. Quindi, la possibilità di conseguire una parola di una lettera è una su 27.000. Applicò quindi le probabilità all’analogia del sonetto. ‘Qual è la possibilità di realizzare un sonetto shakespeariano?’, si chiese. Continuò:

Tutti i sonetti hanno la stessa lunghezza. Hanno, per definizione, quattordici versi. Scelsi quello di cui conoscevo il verso iniziale, ‘Shall I compare thee to a summer’s day?’ e contai il numero di lettere; in quel sonetto ce ne sono 488. Qual è la probabilità di battere in continuazione e ottenere 488 lettere nell’esatta sequenza di ‘Shall I compare thee to a summer’s day?’? La conclusione è 26 moltiplicato per se stesso 488 volte, ossia 26 alla 488esima potenza. O, in altre parole, in base 10, 10 alla 690esima. [Ora] il numero di particelle nell’universo – non parlo di granelli di sabbia, ma di protoni, elettroni e neutroni – è 10 all‘80esima. 10 all‘80esima è 1 con 80 zeri dopo di esso. 10 alla 690esima è 1 seguito da 690 zeri. Non ci sono abbastanza particelle nell’universo per scrivere i tentativi; si andrebbe fuori di un fattore pari a 10 elevato alla 600. Se si prende l’intero universo e lo si converte in chip di computer – dimentichiamo le scimmie – ognuno dei quali pesa un milionesimo di grammo ed è in grado di produrre 488 tentativi, per esempio, un milione di volte al secondo, se si trasforma l’universo intero in questi microchip e se questi [producessero] lettere a caso un milione di volte al secondo, il numero di tentativi che si otterrebbe dall’inizio dei tempi sarebbe di 10 alla 90esima. Si andrebbe ancora fuori di un fattore pari a 10 elevato alla 600esima. Non si realizzerà mai un sonetto per caso. L’universo dovrebbe essere più grande di 10 alla 600esima volte. Tuttavia, il mondo pensa proprio che le scimmie lo possano fare.” (p. 89-91)

Flew conclude il discorso dicendo: “Se il teorema non funziona per un solo sonetto, allora, di certo, è semplicemente assurdo suggerire che la più elaborata impresa dell’origine della vita possa essere stata realizzata per caso.”

A parte l’impossibilità che le proteine si formino a caso, c’è anche da considerare il discorso del tempo necessario. Il fatto è che non c’è stato tempo sufficiente nella storia dell’universo per produrre neanche una sola proteina. Alcuni scienziati hanno calcolato che su un pianeta coperto dal brodo primordiale pieno di serie complete di tutti i venti tipi di amminoacidi, il tempo necessario per formare una sola proteina funzionante sarebbe più o meno uguale al numero approssimativo degli anni dell’universo, cioè quindici miliardi di anni, moltiplicato per 10 alla 60esima potenza. Effettivamente, questo ci fa capire che non c’è stato abbastanza tempo in tutta la storia dell’universo per permettere la formazione di una sola proteina a caso. Quindi, non è tanto semplice quanto Darwin credesse. Egli basava le sue teorie sul presupposto che gli elementi più piccoli avessero una quantità minore di componenti e di processi. Oggi siamo più in grado di capire il mondo microscopico, e per questo siamo consapevoli dell’immensa complessità di quest’universo in miniatura. Fin dall’inizio, le teorie di Darwin erano sbagliate. Il fatto è che non c’è stato tempo sufficiente nella storia dell’universo per produrre neanche una sola proteina. Click To Tweet

Dio sapeva di questa complessità invisibile
Tantissimi anni fa, anche prima che Darwin svolgesse il suo lavoro scientifico, Dio rivelò che esiste un intero universo al livello microscopico. Disse che era solo lui ad essere la causa sia delle grandi cose visibili sia delle cose così piccole che sono invisibili all’occhio umano:

Ebrei 11:3
“Per fede comprendiamo che i mondi sono stati formati dalla parola di Dio; così le cose che si vedono non sono state tratte da cose apparenti.”

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Casuale o specifico?
Per quanto riguarda la questione della semplicità o della complessità, l’evidenza ci porta chiaramente ad affermare che l’universo è molto complesso. Ora vogliamo considerare un altro elemento necessario per difendere l’evoluzione. Il caso può essere una spiegazione adeguata della complessità che si osserva? O è questa complessità una prova di un agente intelligente che l’ha ordinata e organizzata? Se il caso fallisce come spiegazione della formazione di proteine semplici, non sarà certamente capace di spiegare la formazione delle cellule! Consideriamo per esempio l’ameba, l’organismo composto di una singola cellula. L’ameba è fatta da circa 2000 proteine. La probabilità che un tale organismo si formi per caso è 1 su 10 alla 40.000esima potenza! Per aiutarci a capire questa probabilità, possiamo considerare il seguente esempio: la probabilità di afferrare un determinato atomo specifico tra tutti gli atomi che esistono nell’universo è solo 1 su 10 alla 80esima potenza. Figuriamoci allora la probabilità che si formi una sola ameba per caso: 1 su 10 alla 40.000esima! È effettivamente impossibile. Quando Sir Fred Hoyle si rese conto di questo fatto, disse che queste probabilità sono “sufficienti per seppellire Darwin e tutta la teoria dell’evoluzione. Non c’era nessun brodo primordiale, né su questo pianeta né su un altro, e se l’origine della vita non era dovuta al caso, dev’essere stata il prodotto d’intelligenza con intenzione.” (Nature, Vol. 294, 12 novembre 1981)

L’impossibile diventa ancora più impossibile quando si nota come gli scienziati hanno scoperto che esiste una grande varietà di cellule, e che i diversi tipi svolgono dei ruoli molto specifici. Esistono come membri di una comunità o come soci di un’organizzazione, e ognuna delle esse compie un’azione specifica per il beneficio dell’organismo di cui fanno parte. Quando si osservano attentamente queste cellule, si vede com’esse hanno la capacità di muoversi in modi specifici e di eseguire diverse funzioni. Infatti, più si esaminano la natura delle cellule e i loro ruoli all’interno dell’organismo, più si nota come assomigliano a delle macchine, costruite con precisione e intenzione per fare diversi compiti essenziali!

Il batterio sbalorditivo
Per illustrare quest’osservazione, consideriamo il flagello batterico. I batteri hanno la capacità di muoversi velocemente e di cambiare direzione. Visti sotto un microscopio, sono molto attivi. Ma come lo fanno? Che cosa gli permette di muoversi in quel modo? In effetti, i batteri sono dotati di una “coda,” ovvero un flagello che usano per circolare nel loro ambiente. Il flagello ruota a una velocità fino a 1000 rotazioni al minuto, proprio come l’elica di una nave o un aereo. Questi flagelli permettono ai batteri di cambiare direzione, di accelerare e di rallentare.

 

Con i microscopi moderni, siamo in grado di esaminare il flagello batterico da vicino. Abbiamo scoperto che il flagello è, in realtà, un piccolo motore, simile ai motori progettati e fabbricati da umani! Sotto il microscopio, si può vedere un montaggio specifico di componenti specializzati che svolgono diverse funzioni necessarie perché far muovere il batterio. Questi componenti sono montati in un modo preciso e specifico, e le loro funzioni sono tutte indispensabili per il movimento del batterio. Il flagello, infatti, si compone di quaranta parti individuali. Se manca solo una di queste parti, il flagello non funziona. Per far funzionare il flagello, tutte le parti devono essere presenti, devono essere messe insieme in maniera precisa e devono funzionare. Altrimenti, il batterio non riesce a muoversi!

Le regole della selezione naturale
Ma la domanda a questo punto è, ovviamente, che cosa spiega la creazione di questo meccanismo del batterio? Se ricorriamo all’evoluzione e la selezione naturale come spiegazione, incontriamo parecchie difficoltà. L’evoluzione spiega le origini degli organismi biologici attraverso la selezione naturale che opera su piccoli cambiamenti che accadono dopo tanto tempo. Quindi, secondo questo ragionamento, si sviluppa un pezzo, poi dopo tanto tempo ne appare un altro, e così via fino alla creazione del flagello come lo vediamo oggi. Il problema è, però, che la selezione naturale eliminerebbe la possibilità del flagello batterico, perché secondo Darwin, gli organismi tengono solo gli elementi che sono utili. I pezzi inutili vengono scartati e non vengono tramandati alle generazioni successive.

Siccome i quaranta elementi che compongono il flagello batterico sono inutili da soli, non è possibile che si siano sviluppati gradualmente. Ricordiamoci, il flagello funziona solo se tutti e quaranta gli elementi sono presenti, solo se tutti sono montati correttamente e solo se tutti funzionano. Se questi elementi si fossero sviluppati uno, due, o anche tre alla volta, sarebbero stati eliminati perché sarebbero stati inutili da soli. È anche importante notare che ben trenta di questi elementi sono unici al flagello batterico e non esistono da nessun’altra parte del batterio. Questo vuol dire che è impossibile che per un certo periodo questi trenta elementi abbiano avuto una certa funzione e poi siano diventati parte del flagello. Esistono solo nel flagello e non hanno nessun’altra funzione all’interno del batterio.

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Proprio come un motore automobilistico va costruito in modo specifico e preciso secondo un piano prestabilito, il flagello batterico dev’essere “fabbricato” in un ordine specifico secondo un piano prestabilito. Come in un motore, bisogna montare alcuni pezzi prima di altri, esiste anche un ordine preciso per il montaggio del flagello. Se la coda si sviluppa senza che gli altri quaranta elementi appaiano nello stesso momento, il flagello non può funzionare e il batterio rimane fermo. Se la spiegazione della selezione naturale fosse giusta, il batterio che s’osserva oggi non esisterebbe perché il flagello sarebbe stato scartato come una parte inutile. Se Darwin aveva ragione, nessuna “fabbricazione” degli elementi può avvenire dopo tanto tempo se ogni pezzo individuale non reca benefici all’organismo. In questo esempio, vediamo che tutti e quaranta pezzi devono apparire nello stesso momento ed essere montati correttamente per essere utili al batterio!

La complessità irriducibile
Quest’argomentazione è stata proposta in maniera straordinaria da Michael Behe nel suo libro La Scatola Nera di Darwin. In questo libro, Behe cita Darwin e spiega:

“Darwin era consapevole del fardello che pesava sulla sua teoria dell’evoluzione graduale per selezione naturale: ‘Se si potesse dimostrare l’esistenza di un qualsiasi organo complesso che non abbia potuto essere formato attraverso modificazioni numerose successive, lievi, la mia teoria dovrebbe assolutamente cadere.’ Possiamo affermare con relativa certezza che la maggior parte dello scetticismo scientifico sul darwinismo, nel secondo scorso, si è incentrato su questo requisito…Che genere di sistema biologico non potrebbe essersi formato attraverso ‘modificazioni numerose, successive, lievi’? Tanto per cominciare, un sistema che sia irriducibilmente complesso. Per irriducibilmente complesso intendo un singolo sistema, composto da diverse e ben assortite parti interagenti, che contribuiscono alla funzione basilare, laddove la rimozione di una qualunque delle parti causi l’effettiva cessazione del funzionamento del sistema. Un sistema irriducibilmente complesso non può essere prodotto direttamente…attraverso piccole, successive modificazioni di un sistema precedente, perché qualunque precursore di un sistema irriducibilmente complesso che manchi di una parte è, per definizione, non funzionale. Un sistema biologico irriducibilmente complesso…sarebbe una potente sfida all’evoluzione darwiniana. Dal momento che la selezione naturale può solo selezionare sistemi che siano già operanti, infatti, se un sistema biologico non potesse essere prodotto gradualmente, dovrebbe necessariamente nascere come unità integrata, tutto in una sola volta.” (Behe, La Scatola Nera di Darwin, 2007 Alfa & Omega, p. 72-73)

Dopo aver spiegato il concetto della complessità irriducibile, Behe offre l’esempio della trappola per topi:

“La funzione di una trappola per topi è di immobilizzare un topo, così che non possa compiere atti sgradevoli…La trappola per topi che usa la mia famiglia consiste di diverse parti: (1) una piattaforma di legno che funge da base; (2) un martelletto di metallo, che schiaccia concretamente il topolino; (3) una molla con estremità allungate, che premono contro la piattaforma e il martelletto, quando la trappola è carica; (4) un gancio sensibile, che scatta in seguito ad una lieve pressione; e (5) una barra metallica collegata al gancio, che trattiene il martelletto quando la trappola è carica…Supponiamo che una sera, mentre state leggendo, udiate dei passetti nella dispensa, e prendiate dalla cassetta degli attrezzi una trappola per topi. Sfortunatamente, per un difetto di fabbricazione, alla trappola manca uno degli elementi elencati sopra. Quale parte potrebbe mancare, permettendovi di continuare ad usare la trappola per catturare un topo?” (La Scatola Nera, p. 75-76)

La risposta alla domanda di Behe è ovvia: nessuna parte può mancare. Se ne manca solo una delle cinque parti della trappola, la trappola non può funzionare. Non la si può usare finché tutte le parte non sono presenti, non sono montate correttamente e non funzionano. Il parallelo al flagello batterico dovrebbe essere già ovvio. Se il sistema meccanico che permette al batterio di muoversi è costituito da quaranta parti che sono tutte necessarie proprio come nel caso della trappola per topi, è impossibile spiegarne l’esistenza con la selezione naturale. Così, Behe conclude:

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“Quando i biochimici hanno cominciato ad esaminare strutture apparentemente semplici, come…i flagelli, hanno scoperto una complessità sbalorditiva, con dozzine o persino centinaia di parti con caratteristiche e compiti molto specifici…Con l’aumentare del numero delle parti necessarie, la difficoltà di mettere insieme il sistema in maniera graduale schizza alle stelle, e la probabilità di scenari indiretti precipita. Le cose sembrano andare sempre peggio, per Darwin. Le nuove ricerche sul ruolo delle proteine ausiliarie non possono semplificare il sistema irriducibilmente complesso; l’intransigenza del problema non può essere alleviata: può solo peggiorare. La teoria darwiniana non ha fornito alcuna spiegazione valida…per il flagello, e la stravolgente complessità dei sistemi natatori ci spinge a pensare che non sarà mai in grado di farlo.” (La Scatola Nera, p. 110)

L’irriducibile complessità della proteina
Ora, consideriamo di nuovo la proteina per vedere com’è costruita dagli amminoacidi. Questi amminoacidi devono mettersi insieme in un modo specifico. Una volta assemblati giustamente, cominciano ad assumere la forma di proteine. Ma a questo punto ci viene da chiedere: come sanno gli amminoacidi come mettersi insieme proprio nel modo corretto? C’è tra di loro forse un’attrazione naturale che agisce come un magnete? No, non succede così. Quando gli scienziati scoprirono il DNA, trovarono un potente segreto nella cellula. Scoprirono che gli amminoacidi si raggruppano secondo le informazioni e le istruzioni contenute nel DNA che esiste insieme con gli acidi e le proteine. Il DNA dirige il montaggio degli amminoacidi e ne fornisce il piano! Il DNA è costituito da un insieme d’informazioni molto grande e complesso che è altamente ordinato. Nel DNA esistono più informazioni di quanto si trovano nella biblioteca più grande del mondo. Se le proteine presentano un grande problema all’evoluzione darwiniana, il DNA ne rappresenta uno ancora più grande!

Il dilemma del DNA è questo. Le proteine non possono formarsi senza le informazioni e le istruzioni contenute nel DNA. Ma il DNA, come abbiamo già notato, è altamente complesso e ordinato. Da dove vengono questa complessità e quest’ordine? Qual è la spiegazione dell’immensa quantità d’informazioni? Nella nostra esperienza, sappiamo che tutte le volte che incontriamo informazioni, esse sono il prodotto d’intelligenza. Se guardo lo schermo del computer e vedo una riga di lettere sono state scritte in modo incomprensibile e un libro che è caduto sulla tastiera, suppongo che quando il libro è caduto, abbia schiacciato i tasti e così abbia “scrtto” quelle lettere che vedo. In questo caso, non ci vuole l’intelligenza. Ma se prendo il libro, l’apro e lo leggo, trovo una serie di frasi scritte in maniera ordinata e comprensibile. Trovo informazioni! Non penserei mai che quelle informazioni contenute nel libro siano il risultato del caso! Deduco subito, e giustamente, che qualcuno con l’intelligenza ha scritto quelle frasi.

Nello stesso modo, vediamo che il DNA è pieno di informazioni specifiche che dirigono la costruzione dell’organismo. Il DNA svolge un ruolo indispensabile nella fabbricazione delle proteine. La complessità irriducibile della proteina non è solo un semplice collocamento di certi amminoacidi. La complessità irriducibile della proteina include la molecola più complessa nell’universo: il DNA. Se il DNA non fosse apparso nello stesso momento degli amminoacidi, non ci sarebbe stato nessun modo per montarli giustamente per formare le proteine. Proprio come nel flagello batterico, tutte le parti devono essere presenti, devono essere collocate giustamente e devono funzionare per formare l’organismo. Se manca una delle parti, tutto il meccanismo non funziona ed è perciò inutile, destinato ad essere buttato via dalla selezione naturale. Così, vediamo ancora una volta che l’evoluzione darwiniana che si basa sulla selezione naturale non è capace di spiegare le origini della complessità irriducibile.

Dio ce l’ha già detto
Quello che la scienza c’insegna adesso è ciò che Dio ci ha già detto tanti anni fa. Nella Bibbia, la complessità irriducibile è usata come modello della chiesa. Il discorso si basa sull’interdipendenza dell’organismo umano. In effetti, si spiega la ragione per cui la selezione naturale non sarebbe mai in grado di creare gli organismi che vediamo:

1 Corinzi 12:12, 14-18
“Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte formano un solo corpo, così è anche di Cristo…Infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra. Se il piede dicesse: ‘Siccome io non sono mano, non sono del corpo,’ non per questo non sarebbe del corpo. Se l’orecchio dicesse: ‘Siccome io non sono occhio, non sono del corpo,’ non per questo non sarebbe del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ma ora Dio ha collocato ciascun membro nel corpo, come ha voluto.”

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Casuale o intelligente?
Adesso, esaminiamo l’ultimo pezzo del puzzle. È evidente che il nostro mondo non è un semplice o casuale raggruppamento di parti evolute, ma è invece un ambiente molto complesso e specificamente ordinato. A questo punto bisogna chiedere: quale opzione ha più senso, l’idea che la complessità e l’ordine dell’universo sono prodotti casuali e incidentali, o la tesi che tutto ciò è il risultato di una mente intelligente?

Nella nostra vita, siamo in grado di riconoscere oggetti che sono progettati e prodotti da esseri umani. Anche senza sapere chi l’ha fatto, siamo capaci di distinguere tra gli elementi naturali che sono il risultato di processi naturali e gli oggetti che sono stati ideati e fatti da persone. Negli scavi di siti storici, gli archeologi sanno riconoscere oggetti che sono i prodotti di una civiltà antica. Se trovano qualche artefatto come una statua di una dea, un vaso o una tavoletta con scrittura in geroglifico, sanno subito di aver trovato un manufatto umano e non un prodotto di processi naturali. Anche se la provenienza dell’artefatto rimane sconosciuto, è innegabile che è stato fatto da qualcuno che aveva intelligenza e intenzione.

Ma come facciamo a riconoscere un manufatto come prodotto del disegno intelligente? Diverse persone hanno considerato questa domanda e hanno provato a dare una risposta. Esiste infatti un semplice esame che si può applicare a qualsiasi cosa per determinare se è il risultato di processi naturali o d’intelligenza.

1. È più probabile che improbabile che l’oggetto si sia formato per caso?
2. È la struttura dell’oggetto specifica? È possibile individuare un disegno nella struttura dell’oggetto che assomiglia ad altri oggetti il cui disegno intelligente è evidente e certo?

Due esempi
Consideriamo un esempio di questo. Immaginiamoci di essere al mare e di camminare sulla spiaggia. Ad un certo punto notiamo che la sabbia è sistemata in maniera bellissima. Le onde del mare hanno creato una varietà di disegni e ondulazioni sulla superficie della spiaggia. Possiamo ammirare la bellezza della sabbia, ma non pensiamo che qualcuno l’abbia sistemata in quel modo. Ma adesso supponiamo che, sulla stessa spiaggia, vediamo un grande cuore disegnato nella sabbia con le parole: “Maria, ti amo tanto!” In questo caso, non crederemmo per niente che sia capitato secondo i meccanismi naturali delle onde e della marea. L’unica spiegazione sensata di quel disegno e di quelle parole sarebbe una persona intelligente che li ha disegnati sulla spiaggia. Perché? Prima di tutto, sappiamo che non c’è praticamente nessuna probabilità che la scrittura nella sabbia possa essere creata da forze naturali. In secondo luogo, riconosciamo una somiglianza ad altri disegni che sono certamente prodotti umani. Sappiamo che quando vediamo delle parole e frasi, esse sono state scritte da qualcuno. Quindi, concludiamo giustamente che il disegno e le parole sono i risultati di una mente intelligente.

Guardiamo un altro esempio ancora. Questa volta, applica tu i criteri menzionati sopra alle seguenti foto, oppure usa semplicemente il buonsenso. Nelle due foto, qual è l’oggetto formato da processi naturali e qual è quello che è il prodotto d’intelligenza?

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Se noi facessimo una scampagnata in montagna e vedessimo una bellissima scena naturale come quella nella prima foto, potremmo ammirarne la bellezza, ma sapremmo subito che formazioni di roccia di questo tipo succedono naturalmente nel mondo. Ma se ci capitasse di vedere un’altra formazione di roccia come quella nella seconda foto, nessuno di noi penserebbe che si sia formata da sola. Concluderemmo che sia stata fatta da qualcuno, o da un gruppo di persone intelligenti. Sappiamo che la probabilità che le forze del vento e dell’acqua formino i visi di quei quattro presidenti americani famosi nella roccia sia praticamente zero. La nostra intuizione giustamente ci direbbe che quei visi possono essere solo i prodotti di un disegno intelligente.

Il flagello batterico, ancora una volta
Consideriamo ancora un’altra volta il flagello batterico. Abbiamo già discusso la questione della complessità irriducibile. È più che improbabile che la sua esistenza sia dovuta al processo dell’evoluzione darwiniana. Ma esaminiamo di nuovo il meccanismo. Troviamo un modello che vediamo in altre cose progettate? Il flagello, infatti, assomiglia molto a motori costruiti da umani! Se per caso trovassimo per terra un motore fuoribordo senza sapere chi l’ha fatto o da dov’è venuto, sapremmo comunque che è il prodotto di un disegno intelligente. Il flagello non è diverso. Manifesta gli stessi segni del disegno che si trovano in un motore fuoribordo. Quindi, la logica conclusione è che anche il flagello batterico è il prodotto del disegno intelligente. Quando esaminiamo l’intera cellula, con tutte le sue “macchine” ordinate e specifiche, e osserviamo il modo preciso in cui queste macchine cellulari cooperano e svolgono i loro compiti diversi con precisione, dobbiamo ammettere che è impossibile che tutti questi elementi si siano formati da soli, prodotti solo da cambiamenti casuali, non diretti da una mente intelligente. Riconosciamo la somiglianza a manufatti umani che mostrano le qualità del disegno e della specificità. Sappiamo che la cellula non può essere altro che il prodotto del disegno intelligente. La logica conclusione è che anche il flagello batterico è il prodotto del disegno intelligente. Click To Tweet

Dio è il creatore intelligente
Dio ha già rivelato questo nella Bibbia. Ha già dichiarato di essere il Creatore di tutto l’ordine e di tutto il disegno che vediamo nell’universo. Egli è il “Progettista Intelligente” potente e maestoso che ha fatto tutto quello che esiste.

Genesis 1:1
“Nel principio, Dio creò i cieli e la terra.”

Isaia 45:18
“Infatti così parla il Signore che ha creato i cieli, il Dio che ha formato la terra, l’ha fatta, l’ha stabilita, non l’ha creata perché rimanesse deserta, ma l’ha formata perché fosse abitata.”

L’ultimo sguardo
Alla fine, dobbiamo semplicemente guardare il nostro mondo e chiedere: È semplice o complesso? È casuale o specifico? È disordinato o ordinato? È assurdo o intelligente? Può essere dunque il risultato di forze naturali casuali? O è più razionale spiegare l’esistenza del disegno e dell’ordine del mondo solo con un Progettista Intelligente, potente e creativo? L’evidenza è chiara. Ma poi dobbiamo porci un’altra domanda: Quali sono le implicazioni di un universo disegnato e creato da un Progettista Intelligente per noi oggi? Se esiste davvero il Creatore di tutto ciò che vediamo, dobbiamo renderci conto di essere anche noi le sue creature, amate da Dio e fatte per uno scopo. Dio ci conosce personalmente, perché ci ha creati:

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Salmo 139:13-16
“Sei tu che hai formato le mie reni, che mi hai intessuto nel seno di mia madre. Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in modo stupendo. Meravigliose sono le tue opere, e l’anima mia lo sa molto bene. Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.”

Ma questo significa che dovremo anche rendere conto a questo Dio del modo in cui abbiamo vissuto. Se Egli ci ha creati per uno scopo, e se decidiamo di rifiutare quello scopo e vivere come vogliamo noi, ci ribelliamo a Colui a cui apparteniamo.

Romani 1:18
“L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia.”

Romani 2:2-5
“Ora noi sappiamo che il giudizio di Dio su quelli che fanno tali cose è conforme a verità. Pensi tu, o uomo, che giudichi quelli che fanno tali cose e le fai tu stesso, di scampare al giudizio di Dio? Oppure disprezzi le ricchezze della sua bontà, della sua pazienza e della sua costanza, non riconoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento? Tu, invece, con la tua ostinazione e con l’impenitenza del tuo cuore, ti accumuli un tesoro d’ira per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio.”

Matteo 12:36
“Io vi dico che di ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio.”

Chi di noi sarà in grado di essere trovato perfettamente giusto nel giorno del giudizio? Gesù disse: “Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste” (Matteo 5:48). Se lo standard secondo il quale saremo giudicati è la perfezione di Dio, chi di noi sarà dichiarato giusto davanti a Dio? La risposta della Bibbia è chiara: nessuno.

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Romani 3:23
“Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio.”

Ecco perché abbiamo bisogno non solo di un Creatore ma anche di un Salvatore. Questo Salvatore è Gesù Cristo che è venuto nel mondo per salvarci dai nostri peccati. Lo stesso Progettista Intelligente che ha creato l’universo si è fatto uomo per subire le conseguenze dei nostri peccati sulla croce. La buona notizia è che il Creatore è diventato anche il Salvatore. Il Figlio di Dio è stato trattato sulla croce come un ribelle affinché noi, i veri ribelli, potessimo diventare figli di Dio.

Giovanni 1:10-12
“Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non l’ha conosciuto. È venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome.”

J. Warner Wallace è un detective di polizia, Senior Fellow presso il Colson Center per Christian Worldview, e docente di Apologetica presso la Biola University di Los Angeles. È autore di Cold-Case ChristianityGod’s Crime Scene, and Forensic Faith.

Altri articoli in italiano QUI. Traduzione originale QUI.

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Written By

J. Warner Wallace is a Dateline featured cold-case homicide detective, popular national speaker and best-selling author. He continues to consult on cold-case investigations while serving as a Senior Fellow at the Colson Center for Christian Worldview. He is also an Adj. Professor of Christian Apologetics at Talbot School of Theology, Biola University, and a faculty member at Summit Ministries. He holds a BA in Design (from CSULB), an MA in Architecture (from UCLA), and an MA in Theological Studies (from Gateway Seminary).

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